LO SFRUTTAMENTO IDRICO DEL FIUME TICINO PER USI PRODUTTIVI

 

Producibilità media annua degli impianti del fiume Ticino:

Porto della Torre
  • Energia prodotta media annua 64,19 GWh
  • potenza di 14.500 kVA
  • tensione di 10 kV.
Vizzola Ticino 
  • Energia prodotta media annua 249 GWh
  • potenza di 43.500 kVA
  • tensione di 10 kV.
Tornavento
  • Energia prodotta media annua 55,75 GWh
  • potenza di xxxxxx kVA
  • tensione di xx kV.
Turbigo superiore
  • Energia prodotta media annua 75,29 GWh
  • potenza di xxxxxx kVA
  • tensione di xx kV.
Turbigo inferiore
  • Energia prodotta media annua 7,00 GWh
  • potenza di xxxxxx kVA
  • tensione di xx kV.

LO SBARRAMENTO DELLA MIORINA

Nel 1938, iniziavano i lavori per la costruzione di un’importante diga di sbarramento per la regolazione delle acque del Ticino al fine di controllare il livello delle acque del Lago Maggiore, la cosiddetta ‘diga della Miorina’.

Il lago Maggiore, o Verbano, è lungo 65 Km si sviluppa da Locarno in Svizzera a partire dalla piana di Magadino, e termina al ponte di Ferro di Sesto Calende. E’ un lago largo 12 tra Laveno a Feriolo e poco più di 1 Km nella parte più stretta tra Arona ad Angera.
L’esigenza del controllo delle acque era strettamente legata alla richiesta di una maggiore e costante portata d’acqua di irrigazione per il  canale Villoresi e per il canale Regina Elena (entrato in servizio nel 1954).
Oltre a questi canali, c’erano le “vecchie vide d’acquà”, tra cui:

  • il Naviglio Grande
  • il Naviglio Sforzesco
  • Il Naviglio Langosco (iniziato nel 1610),
  • le rogge di Galliate, Magna e Castellana
  • la roggia Visconta, Clerici-Simonetta,
  • la roggia di Oleggio,
  • la roggia Molinara in Val Ticino e
  • la roggia Molinara di Castano.

Quindi oltre che per l’acqua di irrigazione per l’agricoltura dell’interland milanese, anche una quantità di acqua per l’industria.
Infatti nel 1951, un accordo tra lo Stato e la società elettrica Vizzola Spa, permise la costruzione di due nuovi sbarramenti sul Ticino:

  • il primo, in località Porto della Torre dove esiste l’omonima centrale idroelettrica,
  • il secondo a monte di Porto della Torre, appunto lo sbarramento della Miorina,

Questi due sbarramenti permisero di rialzare il livello delle acque del fiume di crica 7 metri (infatti prima in quella zona esistevano delle rapide chiamate Cagarat, Cheribò, Gola stretta).

Lo sbarramento della Miorina permise di:

  1. utilizzare il salto potenziale per produzione di energia idroelettrica nelle successive centrali idroelettriche
  2. costituire il bacino di derivazione del canale Regina Elena.

La regolazione del lago Maggiore era già stata pensata e realizzata nei secoli passati: infatti in località Resiga ci sono i resti di una diga antica e di un guado, un passaggio costruito con fondi battuti di ciottoli e così i carri potevano passare.
La diga antica, opera di alta ingegneria fu costruita nel 1154, lungo il canal grande del Ticino, sul fondo del fiume. Consisteva in una platea di mattoni posati in costa e protetti a monte da resti di palificati che lasciavano trasparire la loro origine medievale, sia per i sistemi costruttivi usati che per le dimensioni degli stessi mattoni.
La platea si estendeva sulla sponda lombarda verso quella piemontese per una lunghezza di 190 metri e per una larghezza variabile di 9-10 metri. Questa struttura ebbe diverse utilizzi: servì come diga di sbarramento per derivare l’acqua del fiume, come sfioratore per contenere i livelli minimi dell’acqua e quindi mantenere attivi i porti del lago o, più semplicemente, come guado di transito nei periodi di basso livello.
Nel 1923 che venne poi costituito il ‘Consorzio del Ticino’ con lo scopo di promuovere un razionale sfruttamento delle acque del Fiume.
L’ingegner Gaudenzio Fantoli fu incaricato di risolvere il problema e, con decreto 14 giugno 1928 n. 1595, lo Stato decise di trasformare il ‘Consorzio del Ticino’ in un Ente di Stato.
I lavori furono finanziati secondo queste quote:

  • 55% dalla Vizzola,
  • 18% Consorzio Villoresi,
  • 18% Canale Regina Elena,
  • 9% Ente Risi.

I lavori furono ultimati nell’autunno 1942, in tempo per utilizzare l’invaso nell’inverno 1942-43, al fine di produrre energia preziosa in un periodo critico, segnato dalla seconda guerra mondiale in corso.
Caratteristica peculiare dello sbarramento di regolazione, in servizio da ottant’anni, è di essere costituito da 120 piccole paratoie metalliche (tipo Chanoine-Pasqueau da m. 4×1,5). Completamente abbattibili in alveo in caso di piena, così da restituire al fiume la sua sezione naturale di circa 200 metri, le paratoie sono incernierate alla platea di fondo e manovrate dall’alto per mezzo di due carri di manovra a comando idrodinamico che scorrono su un ponte a traliccio attraversante il fiume.

IL CANALE VILLORESI

A partire dalla seconda metà del 1800 Eugenio Villoresi, il Nipote Luigi Meraviglia, iniziarono il progetto per la realizzazione di un sistema di irrigazione e derivazione delle acque, dal lago di Lugano e dal lago Maggiore, tramite gli emissari Tresa e Ticino, il cui scopo era:

  • migliorare l’irrigazione dei terreni agricoli,
  • favorire la navigazione dei barconi da sabbia,
  • distribuire forza motrice (idraulica) alle fabbriche,

I due progettisti il 15 gennaio del 1868 inoltrarono la domanda al Governo per ottenere la concessione alla costruzione di due grandi canali di derivazione d’acqua.
La concessione venne emanata in tempi brevissimi da Vittorio Emanuele II in appena 15 giorni, con una durata di novant’anni, con la creazione di un Consorzio per l’utilizzazione delle acque e per l’esercizio dei canali.

Per problemi tecnici e burocratici  Villoresi e Meraviglia dovettero  ridimensionare il progetto, infatti molti  proprietari dei fondi che all’epoca erano adibiti alla coltivazione di viti e i gelsi, temendo che l’irrigazione avrebbe potuto distruggere queste coltivazioni, spinsero l’ingegnere ad abbandonare l’idea della derivazione dell’acqua dal lago di Lugano, per creare solo quella del fiume Ticino.
Il progetto rivisto in funzione delle esigenze dei proprietari dei fondi, venne ritenuto “di pubblica utilità” e venne approvato nell’anno 1877 dal Ministero dei lavori pubblici.
Prima dell’inizio dei lavori Il nipote Luigi Meraviglia, spaventato dalle difficoltà tecniche e dai rischi dei costi esorbitanti, abbandona il progetto che viene portato avanti solo  dal Villoresi, che per realizzare il progetto, diede fondo a tutte le sue risorse di famiglia, lasciando in eredità quasi nulla ai figli.

Eugenio Villoresi muore il 12/11/1879 appena dopo aver ricevuto approvazione definitiva al progetto ottenuta a Roma dal figlio Luigi.

Gli eredi, per poter realizzare il progetto del padre, dovettero cedere i diritti di concessione del canale e dell’uso, alla Società Italiana Condotte d’Acqua, nel 1881, il cui scopo era quello di fornire acqua per usi civici, agricoli e industriali.
Tale società si impegnò a proprio rischio nella costruzione del canale,  nel 1884, venne portata a termine in località Maddalena di Somma Lombardo, a circa 6 km a valle del Lago Maggiore, la diga del Panperduto, la cui inaugurazione, avvenne a Somma Lombardo nell’aprile del 1884.

Ma per portare a compimento l’opera ci vollero ancora alcuni anni: nel 1886 fu aperto il primo tronco del canale, che entrò completamente in funzione solo dopo il congiungimento con l’Adda, nel 1890. Un’opera definita da Quintino Sella, ministro delle finanze del governo, “grandiosa ed utilissima”.

Il sogno di Eugenio Villoresi di veder irrigato l’alto milanese può ritenersi raggiunto, infatti il sistema irrigativo di canali ha queste caratteristiche:

  • il canale si snoda per 86 km,
  • attraverso un comprensorio di 85.000 ettari
  • nel quale distribuisce l’acqua tramite 120 bocche di derivazione,
  • da cui si diramano rami secondari che si sviluppano per 130 km,
  • i quali rami vanno a loro volta ad alimentare rami terziari, che generano un intrico di ben 1400 km.
  • qualifica come il secondo canale artificiale più lungo d’Italia, dopo il canale Emiliano Romagnolo.

Il canale, che si sviluppa orizzontalmente da ovest verso est, nell’alta pianura di Milano, è situato a nord del naviglio Martesana e fu completato nel 1890, in un’epoca successiva a quella del meno imponente naviglio della Martesana (che ebbe nome dal Contado attraversato, Navilio nostro de Martexana) terminato nel suo primo tratto (dall’Adda alla Cassina de’ Pomm dove incontrava il Seveso) nel 1471. Nel suo percorso il canale interseca, sovrapassando e talvolta cedendo loro parte delle sue acque, i numerosi corsi d’acqua minori della zona a nord di Milano. Essi sono il torrente Arno o Arnetta, il fiume Olona, il torrente Bozzente, il torrente Lura, il torrente Guisa, il torrente Nirone, il torrente Cisnara, il torrente Lombra, il torrente Garbogera, il fiume Seveso, il fiume Lambro, il torrente Molgora, il torrente Trobbia, il rio Vallone ed il naviglio della Martesana. Dal Seveso all’Adda lambisce i comuni che fanno da confine sud della Brianza. A Monza il canale dà il nome all’omonimo Parco creato nel luglio 2010, oltre che al Parco del Grugnotorto-Villoresi tra i comuni di Paderno Dugnano, Nova milanese, Muggiò e Cinisello Balsamo.

Sul canale Villoresi ha competenza il Consorzio di bonifica Est Ticino Villoresi.

IMPIANTO DI PORTO DELLA TORRE

Lo sbarramento del Ticino è costituito da una traversa mobile a nove luci, di 20 m ciascuna, dotate di paratoie doppie piane, intercalate da piloni dello spessore di 3 m e consente di sfruttare, dal 1955, tramite la centrale di Porto della Torre, l’acqua del fiume Ticino, nel tratto dalla Miorina al Panperduto per produrre Forza motrice.
L’opera di presa della centrale, situata sulla sponda sinistra del Ticino, dispone di una sezione di imbocco lunga 55 m,  munita di griglia, cui segue il bacino di carico che convoglia l’acqua alla turbina attraverso un’apertura di 21 m, dotata di 3 coppie di paratoie.
La portata massima è di di 187 mc/sec, il salto medio di 6,2 m.
Il gruppo generatore, ad asse verticale è costituito da una turbina Kaplan della potenza massima di 11.800 kW – la cui girante, con 4 pale in acciaio, ha un diametro di 6,1 m e la velocita di 62,5 giri al minuto – e da un alternatore, di costruzione Ansaldo-S. Giorgio, della potenza di 14.500 kVA, con tensione di 10 kV.
Il diffusore della turbina immette direttamente in un breve canale di scarico che restituisce le acque al Ticino.
L’energia prodotta dal gruppo viene immessa nella rete di distribuzione ad alta tensione. Come le altre quattro centrali dell’asta del Ticino, la centrale di Porto della Torre è  completamente automatizzata. Attualmente tutte le centrali vengono telecomandate da Sondrio.

LA DIGA DEL PANPERDUTO

Si tratta di una traversa tracimabile, lunga 290 metri, è tuttora affiancata sulla destra dall’edificio di presa, lungo 67 metri, composto da 30 luci alte 3 metri, idoneo a derivare dal fiume 190 mc/sec. – e dalla conca di navigazione – dai quali inizia il bacino di presa, lungo 700 metri.
Al termine del bacino sono posizionati, come risultano dalle planimetrie, lo sfioratore e l’edificio di restituzione delle barche in Ticino e l’edificio regolatore del canale Villoresi, dai quali nel 1892 iniziò l’immissione nel suo alveo di 70 mc/sec. di acqua per l’irrigazione di 55.000 ettari di terreni dell’altipiano asciutto della Lombardia.
La denominazione della diga (Pan Perduto), desunta dal nome della località ove fu costruita, rimanda al “pane perso”, un analogo canale di irrigazione iniziato nell’alto medioevo e poi fallito per la mancata  impermeabilizzazione del suo alveo.

CANALE INDUSTRIALE O CANALE VIZZOLA

Il canale industriale, noto anche come canale Vizzola, è un corso d’acqua artificiale che deriva le proprie acque dal fiume Ticino, mediante la diga del Panperduto presso Somma Lombardo, dove vengono derivate anche le acque del canale Villoresi. Il canale fu inaugurato nel 1900, con il nome di “canale industriale Vittorio Emanuele III”, la sua realizzazione fu dovuta alla produzione di energia idroelettrica. Il canale industriale aziona, infatti, le turbine di ben tre centrali idroelettriche: la centrale di Vizzola, la centrale di Tornavento e la centrale Castelli di Turbigo.
Poco oltre quest’impianto il canale si dirama in 3 canali: a sinistra le maggior parte delle acque (64 m³/s d’estate, 35 m³/s in inverno) si immettono nel Naviglio Grande, che qui riceve la sua portata effettiva; al centro, invece, si origina lo scaricatore Turbighetto, avente una portata di circa 50 m³/s.
Questo confluisce nel Ticino, dopo aver azionato le turbine di una quarta centrale idroelettrica: la Centrale di Turbigo Inferiore.
A destra si origina il canale di regresso.
Questo terzo ramo confluisce nel Ticino in località Casa delle Barche. Mediante una diga in ghiaia sul Ticino le sue acque sono convogliate nel naviglio Langosco, azionando la centrale idroelettrica Varzi.

IMPIANTO DI VIZZOLA TICINO

La Società Italiana per Condotte d’Acqua, ottenne con R. Decreto del 6 dicembre 1886 la concessione per derivare mediante l’edificio di presa del Villoresi 55 mc/sec. d’acqua, da immettere nel canale industriale della costruenda centrale di Vizzola Ticino; questo potè avvenire a seguito dell’interruzione della navigazione tra il Lago Maggiore e il capoluogo Meneghino, infatti da dal 1865 le acque del Ticino scorrevano inutilizzate tra Sesto Calende e la località di Tornavento.

La Società Lombarda per distribuzione di energia elettrica, creata a Milano il 12 maggio 1897 con la partecipazione di:

  1. Società Italiana per Condotte d’Acqua
  2. Il Credito Italiano
  3. Società Continentale per Imprese Elettriche” di Norimberga.
  4. Alcuni privati.

Provvide alla realizzazione dello scavo e alla costruzione del canale e la realizzazione della centrale.

Come si afferma nell’atto costitutivo, la “Società Lombarda per distribuzione di energia elettrica” aveva lo scopo di “sviluppare Forze motrici con le acque del Ticino, che ora scorrono inutilizzate fra la diga del canale Villoresi e l’incile del Naviglio Grande, soprattutto per adibirle, trasportate a mezzo elettricità, a beneficio dell’industria”; il trasporto fu reso possibile dallo sviluppo delle correnti alternate trifasi, con tensioni elevate.

Con Decreto Reale del 20 maggio 1897 la “Società Lombarda per distribuzione di energia elettrica” fu autorizzata alla costruzione del “Canale Industriale del Ticino, destinato alla produzione di una Forza potente (ben 19.000 cavalli dinamici) per creazione di energia elettrica, a beneficio della zona lombarda fra il Ticino e l’Olona” e a “derivare metri cubi 55 di acqua dal Ticino in tempo di magra, con un regolatore d’efflusso al bacino di presa identico a quello attuale del Villoresi. Nella competenza d’acqua del nuovo canale concorre quella della Roggia Molinara di 1,5 metri cubi, compresa Fra le utenze inferiori della sponda sinistra del Ticino”.
In quell’anno la società diede inizio allo scavo del canale, con decorso parallelo al Villoresi e con portata massima prevista in 85 metri cubi, e fece predisporre il progetto per la costruzione della centrale, che avrebbe fruito di un salto di 28 metri e della portata tra 55 e 62 mc/sec.
A lavori ultimati, risulto lungo 6.853 metri e terminante con un 1 ponte-canale in muratura nel bacino di carico dal quale 10 condotte forzate – ognuna del diametro di 2 metri e della lunghezza di 47,50 metri – convogliavano l’acqua ad altrettanti gruppi generatori installati nella sala macchine della centrale, con una caduta utile di 27,12 metri.
Dalla centrale le acque venivamo subito restituite al Ticino, mediante un canale di scarico lungo 760 metri.
Ogni gruppo era costituito da una turbina “Francis”, ad asse orizzontale, e da un alternatore trifase coassiale. Tre gruppi già funzionavano nel 1899 ed erano già state installate le più importanti linee elettriche che Fornivano energia alle industrie, molte delle quali distanti le une dalle altre. Altri quattro furono aggiunti l’anno dopo.
All’inaugurazione della centrale – il 9 ottobre 1901, presenti Vittorio Emanuele III e la regina Elena – erano in funzione dieci gruppi e costituivano il più grande impianto idroelettrico d’Europa.
La loro potenza installata complessiva risultava pari a 16.500 kVA ed erano affiancati da due gruppi a corrente continua, per l’eccitazione separata degli alternatori.
Nel 1935, risultando gli impianti meccanici ed elettrici della centrale di Vizzola usurati e tecnologicamente superati, ne venne deliberato il completo rifacimento, rapportato alla prevista disponibilità di 124 mc/sec di acqua, assicurata dall’imminente entrata in Funzione dello sbarramento della Miorina per la regolazione del livello del Lago Maggiore.
I lavori di rifacimento del canale iniziarono nel marzo del 1937.
Ne fu ampliata la presa, con l’aggiunta di un’altra luce ed aumentata la portata da 85 a 124 metri cubi, la formazione di un’ampia ansa rispetto al vecchio tracciato permise di accorciarlo di circa 950 metri, mantenendone la pendenza dello 0,15%. Risultò accresciuto a 50,13 metri il salto della centrale, venne rifatto il ponte-canale e le condotte forzate furono ridotte a tre, ciascuna del diametro interno di 4 metri.
Venne costruito anche il nuovo edificio della centrale, nella cui sala macchine furono installati tre gruppi ad asse verticale, ognuno costituito da una turbina “Francis” della potenza di 10.873 kW (con portata di 43 mc/sec.) e da un alternatore trifase “Brown Boveri” da 14.500 kVA.
Il primo gruppo iniziò ad operare nel dicembre 1938.
Il canale di scarico in Ticino venne ampliato e prolungato a 1.870 metri, alla confluenza in Ticino fu munito di stramazzo e della conca di navigazione e, alla “Lodigiani” Furono installate le pompe per l’alimentazione della Gora Molinara.
Esso costituì poi il tratto iniziale del canale della centrale di Tornavento.
 “L’acqua di competenza della Molinara percorre tutto il canale ed è portata all’edificio dei motori per essere qui fornita alla Gora, in sostituzione della sua derivazione diretta a bocca libera dal Fiume Ticino. Dall’edificio motore l’acqua occorrente passa attraverso ad una turbina che inserve alle eccitatrici elettriche e da essa si scarica nel nuovo ramo di Gora, in cui va attivato il bacino con edificio di misura a stramazzo, da dove raggiunge l’originario andamento all’incontro del ponticello della Strada di Vizzola”.
Così si afferma nella convenzione stipulata il 18 gennaio 1898 dalla “Società Lombarda” e dal Consorzio della Gora Molinara, sulla base della quale la “Lombarda” assicurava la restituzione delle acque alla roggia a valle della centrale e si obbligava a garantire, in caso di asciutta del canale, la continuità della portata di 1,5 m3/sec. mediante derivazione a bocca libera dal Ticino.
Nel 1928 lo Stato e gli utenti irrigui e industriali del Fiume diedero vita  al “Consorzio del Ticino”, allo scopo di costruire in località Miorina uno sbarramento per regolare il livello del Lago Maggiore, entro un’escursione massima di 1,5 metri, pari a un maggiore invaso di circa 300 milioni di metri cubi. Entrato in funzione nel gennaio del 1943, lo sbarramento consente di aumentare la portata primaverile ed estiva del fiume da 190 a 230 mc/sec. e di rendere disponibili d’inverno 120 metri cubi per gli impianti idroelettrici.
L’ultimo disciplinare, ha prorogato al 2054 il diritto del Consorzio di prelevare dal Ticino 10 moduli (pari a 1.000 l/s) di acqua ad uso irriguo, “a mezzo delle opere di presa del Canale Villoresi e tramite il canale industriale alimentante l’impianto idroelettrico con centrale a Vizzola Ticino, in concessione all’ENEL Green Power SpA”.

​IMPIANTO DI TORNAVENTO

L’aumento della portata da 85 a 124 mc/sec del canale industriale della centrale di Vizzola, ottenuto con la regolazione del livello del Lago Maggiore, non solo consentì di potenziare l’impianto di Vizzola, ma rese possibile anche la costruzione del nuovo impianto di Tornavento e l’ampliamento di quello di Turbigo.
Il canale di Tornavento si ottenne col prolungamento di 2.170 metri del nuovo canale di scarico della centrale di Vizzola, già realizzato per la maggiore portata.
Mentre all’inizio corre in trincea, dai Molinelli va acquisendo gradualmente rilievo rispetto al piano del fondovalle, tanto da raggiungere al bacino di carico della centrale, largo 50 metri, una caduta di 7,12 metri.
I lavori per la costruzione dell’impianto terminarono nel 1943, anno nel quale entrò in attività la centrale dotata di un’unica turbina tipo “Kaplan” ad asse verticale, della potenza di 7.500 kW accoppiata a un alternatore trifase CGE da 10.000 kVA.
L’edificio della centrale è affiancato sulla destra da due paratoie autolivellanti a ventola atte a smaltire l’intera portata del canale o le momentanee eccedenze d’acqua; alla sua sinistra venne impostata la conca per la navigazione che non fu mai completata.

Dal bacino di scarico della centrale si staccano due canali: quello frontale, lungo circa 1.000 metri, che dagli anni Cinquanta si raccorda al canale della centrale di Turbigo in località Castellana, quello di destra funge invece da scaricatore e viene utilizzato per alimentare il Naviglio Grande, in caso di riparazioni del canale industriale.
La costruzione dell’impianto di Tornavento risultò di grave pregiudizio alla Gora Molinara e al suo comprensorio. Il corso della roggia venne deviato e cementificato per oltre 2 km, dalla Tensa alla Cassinetta, e si dovettero costruire tre sifoni (due per sottopassare il canale, il terzo sottostante il bacino di carico della centrale), venne abbattuto il mulino di Gaggio e Furono espropriati 25 ettari di prati irrigui. Solo nel 1956 si addivenne ad una transazione, per la quale la “Vizzola SpA” si obbligò a pagare al Consorzio i canoni irrigui e per forza motrice dovuti ai precedenti proprietari dei prati e del mulino.
La centrale di Tornavento venne edificata in località Cassinetta, demolendo lo stabilimento ove, dal 1904, aveva operato il ‘Tubettificio di Tornavento’. Esso era subentrato alla ‘Tessitura Parravicino’, che a sua volta si era insediata nella frazione dell’ipposidra (la Ferrovia per il rimorchio delle barche da Tornavento a Sesto Calende), fallita nel 1865.
Ad iniziativa della ‘Società Mediterranea per le strade Ferrate’ dal 1901 al 1912 fu in attività la centrale termica di Tornavento. Aveva la potenza di 2.000 KV ed era situata in Fregio al Naviglio, poco discosto dalla Casa della Camera. Era alimentata a carbone, che giungeva in Ferrovia ad Oleggio e da lì veniva poi trasportato con dei carri sino al piazzale della centrale. Un elettrodotto portava a Gallarate l’energia elettrica per la terza rotaia della Ferrovia Milano-Varese-Porto Ceresio.
Va ricordato che nel 1889, sotto Tornavento, fu aperto al traffico il ponte in ferro sul Ticino, in sostituzione dell’antico porto natante di Lonate-Oleggio.
Dal 1962 con la nazionalizzazione dell’energia elettrica, le centrali e l’impianto di Porto della Torre, sono passate alla gestione da parte dell’ENEL .
Attualmente producono “energia verde”, come evidenzia la nuova denominazione del loro gestore: “ENEL Green Power”.

IMPIANTO DI TURBIGO

A motivo della crescente domanda di energia elettrica, presto si evidenziò la necessita di sfruttare anche la portata di 60 mc/sec del Naviglio Grande e la sua pendenza (fra Tornavento e Abbiategrasso il dislivello è di ben 29 metri) per le quali già nel 1894, era stata accordata la concessione governativa.
A tal fine, la “Lombarda” acquisì, nel 1901, la concessione per costruire il canale industriale al fine di alimentare una centrale elettrica, limitatamente pero alla tratta fino a Turbigo.
I lavori per la realizzazione dell’impianto iniziarono nel marzo del 1903 con l’ampliamento dell’alveo del Naviglio dall’incile alla Cascina Castellana, approfittando dell’asciutta primaverile. Qui, come mostrano la planimetria e le foto, furono approntate le opere di maggior rilievo per la derivazione del canale: l’edificio di presa, composto da 10 luci larghe 3 metri e alte 2 metri, munite di paratoie manovrabili superiormente, affiancato dalla passerella dei cavalli per il traino dei barconi in risalita della corrente; a valle della presa, la conca di navigazione per il transito delle barche dal Naviglio al canale e viceversa e la chiusa mobile del Naviglio, formata da undici cavalletti sovrastati da una ponticella e inframmezzati da paloncelli, per bloccare le acque del Naviglio stesso.


Venne pure rifatto lo scaricatore delle ghiaie, antistante la Castellana, per immettere nel Cavo Marinone l’eccedenza delle acque del Naviglio, specie durante le piene del Ticino.
La scelta di posizionare il canale tra i piedi della costa e la sponda sinistra del Naviglio Grande comportò l’abbattimento dell’antichissimo mulino di Tinella e lo spostamento dell’alveo del Naviglio per circa 500 metri.
Ultimato nel 1904, il canale risultava lungo 5.590 metri, con una portata di 64 mc/sec. ed un salto di 8,2 metri alla centrale, nelle cui vicinanze si divideva in due rami.
Quello di sinistra, di minor profondità, portava a due conche che consentivano ai barconi di passare dal canale al Naviglio e viceversa, quello di destra alimentava il bacino di carico delle centrale ed era affiancato dallo sfioratore.
Già nel settembre 1904 le acque del canale azionavano cinque gruppi: ognuno di essi era costituito da una turbina tipo “Francis” ad asse orizzontale, della potenza di 1.100 kW, accoppiata a un alternatore trifase da 1.320 kVA. Dalla centrale le acque defluivano direttamente nel Naviglio.
Per consentirne l’asciutta primaverile, frontalmente alla centrale, venne costruito il canale di scarico in Ticino, lungo all’incirca 850 metri. Allorquando la portata del canale industriale fu aumentata a 90 mc/sec., per sfruttare i 30 metri cubi eccedenti la competenza del Naviglio, sullo scaricatore fu costruita la centrale di “Turbigo inferiore”, con un salto di 5,30 metri. L’unico gruppo aveva la potenza di 1.000 kW.
Con la messa in esercizio dell’impianto di Tornavento, dal 1943, si rese disponibile anche per la centrale di Turbigo la portata di 124 mc/sec.
A partire dal 1946 la “Vizzola – SpA Lombarda per Distribuzione di Energia Elettrica” diede pertanto inizio alla costruzione del raccordo con la centrale di Tornavento e al rifacimento del canale.
Il salto della centrale di Turbigo, per la quale venne costruito un nuovo edificio, crebbe a 9,2 metri e nella sala macchine fu installata un’unica turbina “Kaplan” da 11.000 kW, abbinata a un alternatore trifase della potenza di 15.000 kVA.
Il vecchio edificio fu adibito a cabina di smistamento, alla quale confluivano anche le terne a 50 kV delle centrali di Tornavento e di Vizzola Ticino.
Il mulino di Tinella era l’ulrimo dei sei mulini esistenti sulla della roggia lonatese che, in origine, era alimentata solamente dai copiosi Fontanili esistenti nel fondovalle tra Castelnovate e Tornavento e si prolungava sino a Turbigo. AIl’inizio del sec. XIII il prolungamento del Naviglio Grande sino a Tornavento tagliò la roggia in due tronconi, quello inferiore costituisce la roggia molinara di Castano.

UN’ PO DI STORIA DELL’ELETTRIFICAZIONE INTORNO AL TICINO

Completata nel 1884 la costruzione della diga sul Ticino in località Panperduto e ultimato poi lo scavo del nuovo canale, che venne intitolato a Eugenio Villoresi, nel 1892 vi furono immesse le acque per l’irrigazione dell’altopiano lombardo.
La sua attivazione rientrò tuttavia nell’utilizzo tradizionale delle acque del fiume, che a partire dal sec. XII vennero derivate dalle rogge e dal Ticinello, per l’irrigazione dei prati e per l’animazione dei mulini da grano e dei magli.
Verso la fine del Trecento il Ticinello fu reso navigabile da Tornavento a Milano e assunse il nome di Naviglio Grande (vi passò sui barconi tutto il marmo del Duomo).  Sino al 1865, anno dell’attivazione della ferrovia Milano-Sesto Calende, il Naviglio costituì l’autostrada dei Milanesi.
Solamente nel 1899, con l’entrata in funzione della centrale idroelettrica di Vizzola Ticino ad opera della ‘Società Lombarda’, iniziò lo sfruttamento delle “forze idrauliche” del fiume – delle energie rinnovabili diremmo oggi – per produrre energia elettrica, di cui si avvalse soprattutto la nascente industria lombarda, in sostituzione degli impianti termici con motrici a vapore.
La crescente domanda di energia portò la ‘Lombarda’ a realizzare, tra il 1903 e il 1904, anche l’impianto idroelettrico di Turbigo, utilizzando le acque del Naviglio Grande, derivate alla Castellana di Tornavento.
Le carte dell’Archivio Comunale consentono di seguire le tappe dell’arrivo dell’elettricità a Lonate.

  • 1900: la ‘Lombarda’ pianta i pali di legno per allacciare la tessitura Giudici di Sant’Antonino Ticino;
  • 1901: Arturo Arbini, concessionario della distribuzione di energia elettrica, viene incaricato dal Comune di realizzare l’illuminazione pubblica del capoluogo;
  • 1908: la filanda Sormani chiede corrente per 60 lampadine da 16 candele. Il Comune propone alla ‘Soc. Rossari & Varzi’ di vendere, per 18.000 lire, l’impianto di illuminazione pubblica e privata (solo il 1° agosto 1909 avverrà il passaggio di proprietà);
  • 1910: alle famiglie “esclusivamente agricole”, che dispongono nelle proprie abitazioni solamente una o due lampadine da 5 candele, viene accordata la tariffa annua di lire 9 per candela, tassa governativa compresa. Si impianta la conduttura per Fornire energia elettrica alla frazione di Sant’Antonino;
  • 1912: si delibera di portare la corrente a Tornavento;
  • 1913: l’energia elettrica giunge a Lonate dalla centrale di Turbigo e non sempre è “regolare e continua”. Si decide pertanto che la pompa del bacino dell’acquedotto comunale venga allacciata alla linea dell’alta tensione della centrale di Vizzola.

IPPOSIDRA, FERROVIA PER IL TRASPORTO DELLE BARCHE CON I CAVALLI ATTRAVERSO LA BRUGHIERA.

Con il termine ipposidra, che prende il nome dai termini greci utilizzati per cavallo e acqua, si intende una ferrovia particolare, in funzione tra il 1858 e il 1865 e adibita al trasporto delle barche, utilizzando la forza di traino dei cavalli.
Il percorso originario era situato nella brughiera tra Tornavento e Sesto Calende.
Lo scopo era quello di trasportare le barche da Tornavento a Sesto Calende “evitando le difficoltose rapide del Ticino”.
Questa strada ferrata che scorreva a ridosso del fiume Ticino è una delle tante curiosità nelle quali ci si può imbattere percorrendo i sentieri della Brughiera nei comuni di:

  • Sesto Calende
  • Golasecca
  • Somma Lombardo

LA CENTRALE TERMOELETTRICA DI TORNAVENTO

Lo sviluppo delle ferrovie nella seconda meta del sec. XIX, promosso soprattutto da società private, costituì un’impresa gigantesca sotto il profilo industriale e finanziario.
Nella bassa provincia di Varese e nell’alto milanese, venne attivata nel 1863 la linea Milano-Gallarate; due anni dopo furono aperte le tratte Gallarate-Sesto Calende-Arona e Gallarate-Varese, utilizzando locomotive a vapore per il traino dei carri merce e delle carrozze passeggeri.
Successivamente la Gallarate-Varese fu prolungata sino a Porto Ceresio.
Nel frattempo era iniziata la produzione di energia elettrica, dapprima per mezzo di centrali termiche (in Lombardia la prima fu quella di Santa Redegonda in centro a Milano), poi mediante centrali idroelettriche.
Se inizialmente l0 sfruttamento dell’energia elettrica era solo per l’illuminazione, l’utilizzo dell’energia si estese in maniera rapida alle linee tranviarie urbane e poi agli opifici industriali.
Vale la pena di ricordare che in Italia i grandi impianti idroelettrici furono costruiti tra la fine dell’Ottocento e gli anni Sessanta.

La disponibilità di motori elettrici più versatili e la soluzione del problema del trasporto dell’energia elettrica a grandi distanze ben presto rese possibile anche il suo impiego per la trazione dei convogli ferroviari.
L’impiego dell’energia elettrica non solo permise di svincolare in parte il Paese dalle importazioni di carbone, ma fu pure motivato dall’elevata resa energetica della trazione elettrica (a fronte dello scarso rendimento delle locomotive a vapore), dalla sua autonomia illimitata, oltreché dal maggior conforto per i passeggeri, fattori tutti che giustificarono i rilevanti investimenti finanziari richiesti per la sua produzione e il trasporto e per adattarla alle specifiche caratteristiche dei motori delle locomotive elettriche.

La Società Italiana per le Strade Ferrate del Mediterraneo, che gestiva la concessione della ferrovia Milano-Varese-Porto Ceresio, nel 1898 ottenne dal Governo l’autorizzazione, in via sperimentale, di elettrificarne la trazione con corrente continua a 600 Volt, derivabile mediante la “terza rotaia” (l’altro sistema, attuato sulla linea Lecco-Colico-Sondrio, utilizzava invece corrente alternata trifase a 3.600 volt, con linea di contatto aerea a due fili distinti).
La corrente necessaria alle “Varesine” avrebbe dovuto essere fornita dalla centrale idroelettrica di Tornavento, animata dalle acque defluenti dalla centrale idroelettrica di Vizzola Ticino e qui condotte da un nuovo canale.
A causa delle lungaggini burocratiche inerenti alla concessione della derivazione delle acque, la “Mediterranea” – in alternativa e in via provvisoria – decise di edificare a Tornavento, una centrale termoelettrica, alimentata a carbone.
Sin dall’inizio questa termoelettrica, avrebbe dovuto costituire un impianto sussidiario rispetto alla centrale idroelettrica in costruzione.
La centrale termoelettrica   
entrò in attività nel 1901, e funzionò ininterrottamente per undici anni (la centrale idroelettrica di Tornavento venne aperta solamente nel 1942)
Col passare degli anni la richiesta di energia elettrica andò aumentando, a causa della rapido incremento dei traffici ferroviari.
Lo Stato, che dal 1905 si era avocata la gestione delle ferrovie, ritenne troppo oneroso aumentare la potenzialità della centrale di Tornavento, poiché i privati offrivano corrente elettrica a costi inferiori. 
Per tale motivo, nel 1912, la “termica” di Tornavento cessò la sua attività. La sua struttura muraria venne poi demolita nel 1925 dall’impresa Emilio Bollazzi di Lonate Pozzolo.

L’edificio
La centrale di Tornavento, altrimenti denominata “Officina Mediterranea”, era costituita da un edificio in mattoni a pianta quadrata, alto 15 metri, con ciminiera del diametro interno di 3 metri, alta 62,5 metri.
La struttura era suddivisa in due saloni di 42 x 22 metri ciascuno: la sala caldaie e la sala macchine.
Il pavimento della prima era posto al livello del suolo, per facilitarvi il trasporto del carbone; quello della seconda era sopraelevato di 1,5 metri, poiché ospitava le tubazioni di adduzione e di scarico del vapore.

Le caldaie
Le otto caldaie erano ripartite in quattro batterie di tipo multitubolare.
Ogni caldaia era munita di una griglia del focolaio di 5,6 mq, disponeva di una superficie riscaldante di 290 mq e possedeva due “domi” per la raccolta del vapore, alla pressione di 12 kg/cm2.
Tutti i “domi” erano raccordati ad un unico collettore, dal quale si dipartivano le prese di vapore per le tre turbine collegate agli alternatori e per le due turbine accoppiate alle dinamo eccitatrici. L’acqua di alimentazione delle caldaie veniva sollevata da due pompe dal pozzo di raccolta, raccordato ai condensatori delle turbine e, prima di giungere nelle caldaie, veniva preriscaldata dai gas di combustione dei focolai.
La rilevante quantità di carbone necessario per l’alimentazione delle caldaie – erano necessari da 1,5 a 1,7 q di carbone, secondo la qualità, per ogni KWh di energia prodotta – giungeva per ferrovia dai porti della Liguria fino a Oleggio e, da qui, veniva trasportata sul piazzale della centrale mediante carri trainati da cavalli.
Da qui i fuochisti provvedevano a trasportarlo con carriole e a spalarlo a mano nei focolai delle caldaie.

La sala macchine
Il salone delle macchine conteneva tre gruppi di turbine accoppiate ad altrettanti alternatori, e due gruppi di turbine abbinate alle dinamo eccitatrici degli alternatori (di queste ultime due una era di riserva, in caso di guasto dell’altra) che fornivano corrente continua a 125 volt.
Ogni turbina degli alternatori erogava una potenza di 1410 HP ed era collegata ad un volano di 5,5 metri di diametro, del peso di 36 tonnellate. Ogni alternatore trifase, ad indotto fisso e induttore rotante, del peso di 44 tonnellate, forniva una tensione di 12.000 volt a 25 Hz alla velocità di rotazione di 94 giri al minuto
Ad eccezione del materiale elettrico costruito dalla Thomson-Huston, tutta la restante parte dell’impianto era stato prodotto dalla Franco Tosi di Legnano.
Durante gli undici anni di attività, la “termica” di Tornavento funzionò ininterrottamente per 17-19 ore ogni giorno, prolungando la sua attività sino a 21 ore nei giorni festivi.
Normalmente risultavano in attività due coppie di turbine-alternatori e una dinamo eccitatrice.
La potenza generata era normalmente di 2000 KW, a fronte di un utilizzo giornaliero medio da 800 a 1800 KW; nei giorni di intenso traffico ferroviario l’utilizzo arrivava anche a 2400 KW e in tale circostanza occorreva attivare anche la terza coppia di turbine-alternatori.
L’energia elettrica veniva trasmessa alle sottostazioni di Parabiago e di Gallarate mediante due condotte aeree. Però dal 1905 la tratta Varese-Porto
Ceresio fu alimentata con corrente prodotta da una centrale idroelettrica.